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MUSSOLINI E LA JUGOSLAVIA

Nell’Italia del primo dopoguerra, la creazione del regno jugoslavo venne accolta con aperta ostilità e autentico fastidio da una parte dell’opinione pubblica e del mondo politico. Tuttavia all’interno della classe dirigente italiana dell’epoca vi fu anche chi intravide la possibilità di garantire all’Italia la sicurezza del confine orientale e di svolgere un ruolo egemone nell’Europa balcanica, in accordo con il nuovo Stato jugoslavo. Quale politica, dunque, si sarebbe dovuta attuare nei confronti della Jugoslavia? Amicizia e collaborazione, o egemonia e predominio? Nel primo caso si sarebbero rese necessarie delle soluzioni politiche e territoriali di compromesso, nel secondo delle imposizioni forzose.

Questo fu il tema che dominò in gran parte il dibattito sulla politica adriatica e balcanica dell’Italia tra le due guerre mondiali. A questo andamento delle relazioni italo-jugoslave non sfuggì neanche la politica seguita da Benito Mussolini a partire dal 1922: la politica di amicizia e di collaborazione cordiale, in difesa dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del vicino regno adriatico, attuata dal capo del fascismo con il patto di Roma del 1924 e con gli accordi di Belgrado del 1937, fu, infatti, intervallata dal tentativo di isolare internazionalmente e di disgregare internamente la Jugoslavia, fino ad arrivare all’aggressione del 1941 e alla spartizione italo-tedesca della composita compagine balcanica.

Massimo Bucarelli sarà introdotto da Gian Carlo Bertuzzi e da Raoul Pupo, docenti universitari dell'ateneo triestino, presidente e vicepresidente Irsml Friuli Venezia Giulia.

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